Narrarsi da estranei.
Per un’etica del decentramento
Parole chiave:
etica narrativa; prospettiva decentrata; erranza; confini; imprecisioneAbstract
Narrare e narrarsi non sono sempre e automaticamente gesti eticamente buoni. Lo sono, questa è l’ipotesi di partenza, solo quando assumono uno sguardo decentrato, capace di abitare la porosità dei confini e soffermarsi sui fili che legano e le trame possibili, piuttosto che sulle identità che si rivendicano. Per cogliere le implicazioni di tale ipotesi, si procede qui in tre passaggi: prima si portano due esempi di vite decentrate, mostrando come quegli sguardi “di sbieco” siano la via privilegiata per un racconto differente, aperto, accogliente; in secondo luogo, l’esperienza del decentramento, anche in forma narrativa, si collega a una rivalutazione dell’errare, del viaggio come avventura che allena a sfumare i contorni, non per confondere e abbandonare ogni pretesa di verità, ma piuttosto per coglierne la pienezza dentro la vita, oltre ogni apparenza, ogni rigida determinazione, ogni confine che diviene barriera; infine, si riflette intorno alla costellazione semantica che lega imprecisione ed esattezza come modi privilegiati di sfumare i contorni, leggendo la prima come lavoro di rinegoziazione delle definizioni troppo rigide che finiscono per diventare gabbie identitarie.
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